Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 18 febbraio 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Il deficit di neurosteroidi è causa di umore depresso da stress. In modelli animali la ridotta produzione e segnalazione dovuta a stress del neurosteroide allopregnanolone nei neuroni dell’amigdala baso-laterale, fondamentale nella mediazione delle risposte emozionali, è responsabile di manifestazioni comportamentali equivalenti alla sintomatologia depressiva umana. Questo risultato è coerente con evidenze cliniche di sintomi depressivi da deficit di steroidi sessuali. [Cfr. Walton N. L. et al., Biological Psychiatry AOP – doi: 10.1016/j.biopsyc.2023.01.022, 2023].

 

La lamotrigina sembra poter ridurre il deficit sociale nel disturbo autistico. Mutazioni nel gene del fattore di trascrizione MYT1L causano un fenotipo sperimentale equivalente ai modelli di disturbi dello spettro dell’autismo. Il deficit funzionale di MYT1L causa una upregulation di SCN5A, il principale canale del sodio cardiaco. L’applicazione del bloccante il canale del Na+ lamotrigina eliminava il difetto elettrofisiologico in vitro e il fenotipo comportamentale autistico in vivo. [Cfr. Weigel B. et al., Molecular Psychiatry AOP – doi:10.1038/s41380-023-01959-7, 2023].

 

A 4 anni già si usa la rete (MDN) che noi usiamo per risolvere problemi matematici. La rete neuronica MDN (multiple demand network) che noi adulti impieghiamo nella concentrazione, nella gestione contemporanea di più concetti e nella soluzione di difficili problemi matematici, è già attiva in età evolutiva, come è risultato da uno studio fMRI che ha valutato il cervello di bambini dai 4 ai 12 anni mentre erano impegnati in compiti difficili. Zeyneo Saygin e colleghi della Ohio State University hanno trovato che la MDN a 4 anni era già distinta dalla rete del linguaggio e attiva nell’impegno cognitivo. [Schettini E. et al., The Journal of Neuroscience 1460-22, 7 Feb, 2023].

 

Alzheimer: individuati i meccanismi del più comune fattore di rischio genetico. La variante ε4 di APOE, ossia APOE4, è il maggiore e più comune fattore di rischio genetico per lo sviluppo di malattia di Alzheimer. Un nuovo studio dimostra che in presenza di peptidi beta-amiloidi (βA) gli astrociti APOE4 alterano funzioni immunitarie e metaboliche che risultano in un aumento compensatorio dello stress metabolico neuronale. [Fleeman R. M. et al., Journal of Neurochemistry AOP doi: 10.1111/jnc.15781, 10 Feb, 2023].

 

La meteora di San Valentino: perché ha suscitato in molti paura e allarme. Dopo un video ripreso in Basilicata, che ha invaso i media, numerose segnalazioni dell’avvistamento sono giunte dalla Puglia e da località del Centro Italia: un meteoroide di dimensioni molto maggiori di quelle delle “stelle cadenti” della notte di San Lorenzo, nel suo vertiginoso impatto con l’atmosfera ha generato, per ionizzazione di gas, una luce che ha illuminato a giorno il cielo. Un ragazzo dalla provincia di Bari riferisce del boato seguito alla luce; una ragazza di Martina Franca, che definisce lo spettacolo “bellissimo e spaventoso allo stesso tempo”, descrive una scia luminosissima color turchese. Il giorno prima una meteora simile è stata vista nel Nord della Francia. Istituti e organizzazioni di studi astronomici hanno ricevuto telefonate di persone allarmate; noi abbiamo ricevuto richieste di rassicurazione circa il pericolo che il fenomeno possa essere solo l’inizio di una “pioggia di asteroidi sul nostro pianeta”.

Perché un fenomeno da sempre conosciuto e per secoli estetizzato in chiave romantica, attribuendogli addirittura il potere di esaudire i desideri, oggi suscita paura in così tante persone?

In generale, la reazione a un evento o a un fenomeno naturale dipende in gran parte dall’interazione tra lo stato psicoemotivo attuale e i contenuti specifici del patrimonio di esperienza-conoscenza accessibile alla coscienza. Quanto più lo stato attuale è caratterizzato da attivazione dei sistemi neuronici dello stress, come nella fisiopatologia ansioso-depressiva, tanto meno sarà efficace il rassicurante senso razionale del fenomeno fisico appreso sui banchi di scuola. Dunque, in termini individuali ha un ruolo importante lo stato affettivo-emotivo presente, riflesso nel tono dell’umore. Ma non si può trascurare l’influenza del difetto nel tempo attuale di due fattori di stabilizzazione socio-antropologica: il sapere religioso e il sapere scientifico, il primo per un diffuso ateismo de facto, il secondo per decenni di campagne ideologiche antiscientifiche alimentate ad arte da quanti lucrano sul mantenimento della “credulità popolare” e delle “alternative alla ragione”. [BM&L-Italia, febbraio 2023].

 

Donne serial killer di donne, uomini e bambini studiate da una donna. 27 spietate assassine abituali di donne, uomini e bambini sono state studiate da Marissa Harrison nel suo libro Just as Deadly: Inside the Mind of a Female Serial Killer in uscita in questi giorni negli USA. L’autrice, professore associato presso la Penn State Harrisburg, ha studiato a lungo le peculiarità di genere negli omicidi seriali e si è resa conto dell’esistenza di un mito della cultura contemporanea che vuole il serial killer solo uomo. Anche se nella storia criminologica sono descritti casi di donne che uccidevano in serie già nel 1700 e nel 1800, esiste una sorta di tabù ideologico che vuole cancellare dalla coscienza collettiva questa realtà, pertanto Marissa Harrison ha dichiarato a Francisco Tutella, presentando il suo libro a Neuroscience News, che il primo obiettivo del suo saggio è far conoscere fatti reali per rimuovere questa preclusione o rifiuto.

La riluttanza ad accettare questa realtà è evidente già nel caso di fine Ottocento di Jolly Jane Toppan di Boston: accusata di 30 omicidi, dichiarò di averne compiuti circa 100, ma non si andò a indagare; oppure nel caso di Belle Gunness, che nella sua fattoria dell’Indiana aveva sepolto più di cento vittime. In Europa il caso delle sorelle Papin, due anziane assassine seriali studiate dallo psicoanalista freudiano Jacques Lacan, fu estetizzato e parodiato in commedia e poi trasposto nel film Arsenico e vecchi merletti con Cary Grant. La donna serial killer era qualcosa di paradossale per la maggioranza, tanto da risultare risibile o divertente.

Di fatto, fino agli anni Novanta la stessa FBI non riconosceva ufficialmente le donne assassine seriali. La Harrison nota che in precedenza questi omicidi erano rubricati dai federali come “assassinii sessuali”, cosa che faceva pensare a criminali di sesso maschile.

Solo nel 40% delle donne serial killer esaminate da Harrison e colleghi sono stati rilevati segni evidenti di malattia mentale. Nel 39% dei casi le donne erano infermiere o impiegate nel settore sanitario. Alla domanda su quale esperienza l’avesse maggiormente scioccata, la psicologa ha risposto dicendo di essere rimasta impressionata da quanto tempo hanno lasciato passare le autorità prima di far arrestare Marybeth Tinning, che ha ucciso uno dopo l’altro i suoi nove figli: presso l’ospedale locale vi erano sospetti già al primo figlio, ma hanno lasciato che uccidesse tutti gli altri, infine tentando di giustificare il mancato intervento con l’ipotesi che fosse affetta da una sindrome psichiatrica; come se la presunta psicopatologia le avesse dato licenza di uccidere nove piccoli indifesi innocenti. [Fonte: Francisco Tutella Penn State University e BM&L-Italia, febbraio 2023].

 

Imparare ad amare ha un ruolo fondamentale nella maturazione psicologica. Non esiste nel cervello come routine funzionale delle reti neuroniche, e tantomeno tra i FAP (fixed action patterns), uno stile sentimentale compiuto e coerente, ma esistono solo reazioni e tendenze, non di rado in contrasto fra loro. I sentimenti costituiscono la sintesi di un complesso insieme di elementi che si evolve e matura con l’affettività e la cognizione della persona nella dimensione dei processi coscienti. In alcune trattazioni neurobiologiche queste reazioni e tendenze sono collettivamente denominate feelings, sovente reso in italiano con “sentimenti”; ma non si tratta di sentimenti nel senso che la cultura ha attribuito a questa parola per qualche millennio, durante il quale la riflessione sulla natura dell’uomo ha conservato delle costanti dall’epoca classica ai giorni nostri.

I veri sentimenti costituiscono dimensioni interiori capaci di modulare la progettualità di una vita, non possono essere confusi con le semplici reazioni e tendenze, le prime costituite da unità elementari di affettività veicolata dalla risposta emotiva contingente, le seconde da inclinazioni funzionali preferenziali alla radice del comportamento inerziale.

È necessario portare alla coscienza tali reazioni istintive e tendenze inconsapevoli e giudicarle per valutarne la coerenza con il sentimento che si prova. Si dà per scontato che per imparare a parlare sia necessario un modello costituito dalla madrelingua e degli insegnanti quali i genitori, mentre per lo sviluppo dei sentimenti troppo spesso ci si affida all’idea puerile di una loro esistenza innata come strutture compiute. Quante volte si vedono mamme, con i loro bimbi piccini che le fissano come se volessero entrare con gli occhi nel loro volto, prendere le braccine del figlio e portarsele al collo per insegnargli ad abbracciarle! Ancor di più è necessario aiutare l’evoluzione affettiva nello sviluppo dei sentimenti. Se fin dalla più tenera età si diviene avvezzi a portare alla coscienza il confronto tra ciò che si prova e l’idea che si ha dei sentimenti, non si apprende solo per imitazione empatica dai modelli involontari, ma si elabora consapevolmente l’esperienza affettiva, potendo in tal modo contribuire alla maturazione psicologica complessiva. [Fonte: Seminario sull’Arte del Vivere, febbraio 2023].

 

La mitologia greca non rivela la psicologia del profondo ma aiuta a scoprire modi e forme del pensiero. Come è noto, Freud riconobbe nel mito di Edipo una fase dello sviluppo infantile connessa all’evoluzione libidica, che considerò universalmente presente nei maschi della specie umana nella forma di quei processi inconsci e quegli atteggiamenti coscienti che nell’insieme configuravano il Complesso di Edipo. Gli studi successivi hanno negato l’esistenza costante di una tale configurazione dell’affettività, confermando solo che l’attaccamento alla madre può generare tendenze temporanee di avversione al padre, ma che lo sviluppo e la manifestazione dei sentimenti nel bambino dipende molto dall’atteggiamento dei genitori. Intanto, per decenni, l’influenza del pensiero psicoanalitico sulla cultura generale ha diffuso l’idea di altri complessi di ispirazione mitologica, quale quello di Elettra, speculare di quello di Edipo, e altri in anni più recenti concepiti da seguaci della tradizione della Ecole freudienne di lacaniana memoria. Dopo di allora, forse anche per sottolineare una presa di distanze da quella cultura ormai superata dalle moderne neuroscienze, si è abbandonato il campo della mitologia greca nell’indagine psicologica.

Oggi, che il pericolo di essere confusi con coloro che credono ancora ai prodotti della creatività interpretativa del secolo scorso è ormai lontano, si può ritornare a studiare quelle forme narrative di organizzazione delle idee costituenti i miti in un modo nuovo, non più chiedendo loro il potere oracolare di rivelarci strutture funzionali della nostra psiche, ma usando noi un semplice metodo intuitivo di analisi basato su conoscenze consolidate e fatti della storia per dedurne informazioni sui modi del pensiero. [BM&L-Italia, febbraio 2023].

 

La mente medievale alle origini del mentale moderno e contemporaneo (V) è una tematica che stiamo sviluppando al Seminario sull’Arte del Vivere (v. Note e Notizie 21-01-23 Notule; Note e Notizie 28-01-23 Notule; Note e Notizie 04-02-23 Notule) per spunti settimanali di riflessione e discussione: qui di seguito si riportano quelli del quinto incontro.

Gli studiosi contemporanei del Medioevo hanno in parte mutato la secolare visione di epoca contraddistinta unicamente da involuzione, stasi, arretratezza, isolamento sociale e chiusura culturale, riportando alla luce la documentazione di “tanti piccoli rinascimenti”, sia pure circoscritti, che hanno avuto luogo negli ultimi secoli dell’età di mezzo. Ma, se tali tentativi di rinascita si sono avuti, è perché una “morte culturale”, o quantomeno una sospensione della vita culturale, vi era stata.

In altri termini, in Europa, sia per l’emergere delle popolazioni barbare che erano state soggette ai Romani senza mai assorbirne la cultura ellenica, sia per la messa al bando o la perdita di una parte considerevole dell’alta cultura dell’antichità greco-romana, sia per la diffidenza da parte della Chiesa e dei cristiani verso il “sapere terreno”, sia per il declino dell’insegnamento come mezzo di formazione dei cittadini e del ruolo delle città quali centri di irradiazione culturale e non semplici sedi amministrative, si era prodotto un vero e proprio “imbarbarimento”, che riguarderà le mentalità ancor più della cultura, secondo Jacques Le Goff.

Per secoli, infatti, nella mente medievale gli antichi valori platonici, aristotelici, stoici, democritei, epicurei non erano stati cancellati da opposti o equivalenti cristiani, ma semplicemente sostituiti da concetti utilitaristici, che godevano dell’adesione generale in ogni ceto sociale.

Scrive Le Goff: “I ragionamenti astratti cedettero il passo a pratiche più concrete e più materiali. Per esempio, nella sfera della giustizia il termine justice designa sempre meno una virtù e un ideale, e sempre più gli introiti che l’esercizio della giurisdizione frutta ai potenti”[1].

Infatti, colpisce che la giustizia non sia più né la materia di riflessione filosofica della tradizione classica, né l’istituto cristiano ispirato alla perfezione e alla misericordia divina. Accade – per la verità più nella Mitteleuropa che in Italia – che scompaia l’ideale di equità condiviso dal mondo greco-romano e giudaico- cristiano, pur con importanti differenze fra le due interpretazioni, e al suo posto si affermi, come nel mondo barbaro, un implicito riferimento alla vendetta del potere costituito sul reo o all’esigenza di ripristinare un ordine o riaffermare la legge del più forte.

A questo proposito è interessante notare come per qualche centinaio di anni il potere, strutturato in forma militare, perda del tutto interesse alla conoscenza del delinquente, del criminale o del semplice reo: nessuno si pone il problema di conoscere le sue intenzioni, né tantomeno la sua personalità, perché i reati finiscono per essere considerati, secondo la concezione delle “leggi barbariche” e non secondo il Diritto Romano o i Codici Giustinianei, dei meri fatti oggettivi puniti secondo un Wehrgeld, ossia un “tariffario”, che ricordava il codice di Hammurabi. [BM&L-Italia, febbraio 2023].

 

Sull’universalità della mimica facciale umana: richieste di approfondimento. Sono pervenute richieste di approfondimento, citando per lo più queste parole: “Infatti, gli studi sull’espressione mimica faciale di stati cerebrali, inaugurati da Charles Darwin e proseguiti nel pluridecennale lavoro di Paul Ekman, hanno dimostrato che le espressioni di disgusto, paura, rabbia e di altri stati emozionali di base sono innate” (Note e Notizie 28-01-23 Il sintomo della coprofagia trattato con cariprazina).

Si ritiene che, come aveva suggerito Charles Darwin, lo sviluppo delle espressioni mimiche del volto in funzione comunicativa sia da collocarsi all’inizio dell’evoluzione umana, come parte di uno schema generale di adattamento sociale in cui gli ominidi segnalavano stati psichici attraverso espressioni e gesti. Verosimilmente, la combinazione di questi segnali visivi con versi e vocalizzazioni modulate, costituenti spesso la componente acustica del messaggio, deve aver avuto inizio in quella stessa epoca. Alcuni autori, fra i quali Merlin Donald (L’evoluzione della mente, 1996) postulano l’esistenza di una fase di cultura mimica seguita a una di cultura episodica e precedente una di cultura mitica.

Gli studi di Eibl-Eibesfeldt e collaboratori (1989) hanno documentato la comunanza delle espressioni non verbali umane e hanno dimostrato che molti modelli di comunicazione visivi, vocali e tattili ricorrono in tutte le società, da quelle dei cacciatori-raccoglitori a quelle moderne. Le differenze culturali rappresentano modificazioni di dettaglio che investono più il livello gestuale che quello delle espressioni del viso ma, in ogni caso, si può riconoscere un livello mimico di rappresentazione di base transculturale, che costituisce il più elementare e naturale mezzo di comunicazione fra esseri umani.

Il gruppo di Eibl-Eibesfeldt ha scoperto l’esistenza di numerosi modelli interculturali, studiando migliaia di sequenze di immagini al rallentatore. Ad esempio, in tutte le culture analizzate, le madri usano per disapprovare il comportamento del figlio piccolo “guardarlo storto”, ossia dirigere lateralmente i globi oculari in modo da mostrare più la sclera che l’iride. Gli studi di Ekman e colleghi hanno definito un vasto repertorio interculturale di espressioni di emozioni, affetti, sentimenti, sensazioni e stati psichici, riconoscendo paradigmi, anche in questi giorni oggetto di insegnamento da parte degli allievi di Ekman a San Francisco.

Sono celebri, fra i pattern dei muscoli mimici facciali, quelli che “aprono” il volto, segnalando un’affettività positiva, e quelli che lo “chiudono”, rappresentando indisponibilità o rifiuto.

Proprio in questo mese, lo scorso 10 febbraio, è apparso in pre-pubblicazione sul sito della rivista Science Advances un nuovo studio sulla valutazione dei modelli di espressione facciale delle emozioni, sintetizzato nella notula che segue. [BM&L-Italia, febbraio 2023].

 

Espressioni facciali delle emozioni: un paradigma universale complicato da peculiarità individuali e culturali. Lukas Snoek e colleghi hanno analizzato criticamente la supposta esaustività di repertori come quello di Ekman, prendendo le mosse da questa domanda: quali modelli rappresentano meglio le espressioni facciali delle emozioni?

Esistono varie proposte di combinazione di movimenti facciali elementari o, meglio, unità di azione (AU, da action units) quali migliori rappresentazioni delle 6 emozioni di base e dei 4 segnali colloquiali presenti in tutte le culture.

I ricercatori hanno chiesto a 120 volontari, 60 occidentali e 60 orientali, di categorizzare una serie di video di animazioni facciali esprimenti le 6 emozioni di base secondo vari modelli. Nell’analisi delle interpretazioni dei volontari, Snoek e colleghi si sono resi conto che anche i migliori modelli si rivelavano imperfetti: i tratti fisionomici legati al sesso e all’età, ad esempio, già costituivano una prima fonte di informazioni interferenti talvolta con le AU e, quindi, con gli “schemi delle emozioni”.

In proposito, Snoek ha spiegato: “Nella nostra ricerca siamo stati in grado di mostrare che non tutti gli esseri umani percepiscono la stessa emozione dallo stesso set di movimenti facciali. I nostri risultati indicano che queste differenze individuali sono in parte dovute al background culturale e dimostriamo che incorporando la cultura nei modelli di percezione delle emozioni si migliora la loro prestazione in modo sostanziale”[2].

Snoek e colleghi hanno sviluppato un nuovo framework per formalizzare tali ipotesi in modelli predittivi e comparare la loro efficacia nel prevedere la categorizzazione di emozioni umane nella cultura occidentale e in quella asiatica orientale, spiegare il ruolo causale di AU individuali ed esplorare i più aggiornati modelli che tengono conto dell’influenza culturale, per eliminare la prevalente bias occidentale.

Il framework di Snoek e colleghi fornisce un nuovo approccio per testare in modo rigoroso l’efficacia dei modelli di espressioni facciali delle emozioni finora elaborati. [Cfr. Snoek L. et al., Science Advances 9 (6): Feb 10, 2023].

 

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BM&L-18 febbraio 2023

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[1] Jacques Le Goff, Il Medioevo – Alle origini dell’identità europea, p. 103, GLF Editori Laterza, Roma-Bari 2002.

[2] Lukas Snoek in Even the Best Models for Reading Facial Expressions May Be Partly Subjective (fonte: Università di Glasgow). Neuroscience News.com February 13, 2023.